#CDCA23 Abilitazione: i requisiti minimi “for dummies”

Screen Shot 2015-08-27 at 5.21.51 PM

Permetteteci l’ironia.

In realtà è stato importante anche per noi ritornare sulla proposta. Abbiamo ampliato la spiegazione cercando, nel contempo, di rispondere ad alcune delle domande più comuni che abbiamo ricevuto.

L’articolo è corredato da un podcast di prova, un esperimento di 2′ su Soundcloud, assolutamente facoltativo, in cui ritorniamo sulla proposta e sui motivi che ci hanno spinti a concepirla tale.

Chiudiamo ricordandovi che accogliamo volentieri proposte che cerchino di ricalibrare gli scaglioni. Inviatele a riconoscimentol2ls@gmail.come e le renderemo pubbliche. Però, sbrighiamoci che il Parlamento ha già ripreso i lavori!


 

Bozza della Tabella A

La proposta denominata “a scaglioni” divide le lauree in tre gruppi. Prevede tre parametri: Lauree, Titoli di Specializzazione e Ore di Servizio.

  1. LAUREE

 SCAGLIONE 1: laureati VO (qualsiasi indirizzo di laurea)

Questo tipo di lauree sono basate su esami annuali al superamento dei quali non si conseguivano cfu. Molte di queste lauree umanistiche prevedevano esami obbligatori -diversi da ateneo ad ateneo- per insegnare materie letterarie alle superiori (secondarie, di II grado). Nonostante questi esami nemmeno i VO in materie umanistiche raggiungerebbero i 72 cfu della bozza della Tabella A. Questo scaglione, comunque, include tutti i VO. Orientativamente un’annualità del VO=12cfu

 [1] SCAGLIONE 2: laureati LS/LM entro il 2016 (per un totale di 300 cfu)

In questa categoria rientrano quelle lauree umanistiche citate nella bozza (non avrebbe senso aprire a lauree non umanistiche vista la data di laurea). Sull’assenza della LM 37 si legga qui la risposta di Max Bruschi ad un nostro collega.

Chi ha conseguito la laurea entro la data di pubblicazione del Concorso, non farebbe comunque in tempo a recuperare determinati cfu richiesti dalla bozza e dovrebbe, comunque, possedere uno dei titoli di specializzazione per accedere al percorso abilitativo. Così è anche nella nostra proposta: possedere un titolo di specializzazione è obbligatorio, accompagnato da delle ore certificabili di servizio.

Questa nostra considerazione vale anche come risposta di una collega, che con la laurea LM39 con indirizzo “didattica dell’italiano a stranieri” si chiedeva perché dovesse anche maturare un titolo specialistico.

 SCAGLIONE 3: laureati LS/LM dopo il 2016 (per un totale di 300 cfu)

Non conoscendo come si svilupperà la faccenda, possiamo solo affermare che se venisse mantenuto il discorso dei 72 cfu specifici, questi colleghi avrebbero il tempo di adeguare i loro i loro piani di studio. Ma dovrebbero comunque avere un titolo di specializzazione. Questi futuri colleghi non rientrerebbero comunque nel Concorso 2016.

 

  1. TITOLI DI SPECIALIZZAZIONE
  1. Dottorato in ambito linguistico e didattica dell’italiano per stranieri;
  2. Scuola di Specializzazione in didattica dell’Italiano a stranieri;
  3. Master di I e II livello in Didattica dell’Italiano a stranieri;
  4. Corsi di perfezionamento annuali in Didattica dell’Italiano a stranieri;[2]
  5. Cedils/Ditals I & II/Dils-PG I & II/Cefils.[3]

Il Miur, per l’accesso alla III fascia (GI), calcola i titoli di specializzazione secondo questa tabella. Siamo consapevoli della differenze tra un dottorato ed una certificazione (quest’ultime non hanno un corrispettivo in cfu), ma non ci siamo, per ora, voluti avventurare nell’elaborazione di un punteggio, perché il nostro ragionamento esclude e prescinde dai cfu e perché le certificazioni che sono assai diffuse e richieste non ne hanno. Purtroppo o per fortuna i titoli di accesso per frequentare alcuni di questi percorsi di formazione non sono specifici. Solleviamo anche questa problematica, non aspettiamo altro!

A chi ci chiede se il Master verrà considerato abilitante, rispondiamo che il Master è il titolo che, per durata e crediti, più si avvicina al Tfa. Come però è stato ricordato tra i commenti, nemmeno il dottorato, ad oggi, è riconosciuto come abilitante.

 

3. ANNI DI SERVIZIO

È importante aver prestato servizio come docente di Italiano per stranieri presso le seguenti istituzioni italiane o estere riconosciute dal MIUR (Università, Istituti Italiani di Cultura, Scuole statali di ogni ordine e grado, scuole paritarie e/o private, centri di formazione professionale) per un minimo di 475 ore[4] (ammontare di ore di tirocinio a scuola previsto nei percorsi di abilitazione, Tfa) certificabili e documentabili dall’ ente presso il quale si è prestato servizio.[5]

Per quanto riguarda gli istituti riconosciuti dal Miur, abbiamo ricevuto molte domande inerenti scuole private/istituzioni che non rientrano tra questi. Purtroppo il MIUR ufficialmente riconosce il servizio prestato presso scuole statali, paritarie e/o private + Cfp. Per le CDC non considera nemmeno il servizio prestato presso università e IIC. Quindi la nostra lista è già molto inclusiva. Non dimenticate che stiamo parlando dell’abilitazione per insegnare in scuole statali o comunque riconosciute dal MIUR (leggi scuole elementari, medie e superiori private o paritarie) e quindi ci sembra azzardato inserire le associazioni o le scuole private di lingua (in Italia o all’estero).

C’è stata una richiesta specifica di una collega in Giappone: crediamo che se la scuola è riconosciuta dal Ministero dell’istruzione giapponese, probabilmente verrebbe riconosciuta anche dal Miur. Però in questo caso vi consigliamo di iniziare ad informarvi in loco, ragazzi! E fatelo per tempo! Poi, nel caso la nostra proposta venisse accettata da Giannini e Co., un candidato può benissimo inoltrare la sua domanda di ammissione al concorso corredata dei rispettivi certificati etc, sarà poi il MIUR stesso a valutare. Dovete però rendervi conto che per le CDC di lingua non vengono conteggiate le ore di servizio presso scuole come British Council o Istituto Cervantes. Quindi attenzione!

_ _

[1] Sono state volutamente escluse le lauree triennali, considerate requisito insufficiente per l’abilitazione in base al decreto ministeriale n. 22 del 9 febbraio 2005 e al Decreto del 9 luglio 2009.

[2] Erogati, per esempio, da Ca’ Foscari, 20 cfu: http://www.unive.it/pag/9464/ e in passato dall’ Orientale di Napoli, 25 cfu (corso non più attivo) http://magazine.unior.it/ita/content/corso-di-perfezionamento-annuale-didattica-dell’italiano-l2.

[3] L’unico tentativo di equiparazione Certificazioni=cfu è stata tentata dalla Diadori, ne “La Ditals risponde 3”. Riportiamo il suo ragionamento, completo di bibliografia. Il suo calcolo, però, non ha trovato nessun riscontro e rimane, dunque, arbitrario.

[4] Più dettagli sulle 475 ore di tirocinio, si consiglia il seguente link: http://www.istruzione.it/urp/abilitazione.shtml

[5] All’interno delle 475 ore è conteggiato anche il servizio prestato come esaminatore e/o somministratore di prove di certificazione CILS, CELI, PLIDA, ROMA 3.

28 pensieri su “#CDCA23 Abilitazione: i requisiti minimi “for dummies”

  1. Con una sola laurea triennale in discipline umanistiche, si può accedere alla scuola di specializzazione in didattica dell’italiano L2 dell’università di Siena, che, esattamente come una laurea magistrale, ha durata biennale e conferisce 120 cfu, . Allo stesso modo, anche i master in didattica dell’italiano L2 ed i corsi Ditals non contemplano, tra i prerequisiti di ammissione, il possesso di una LM. Ora mi chiedo: perché permettere agli studenti di accedere a specializzazioni in didattica dell’italiano L2 anche senza una LM se poi, per poter insegnare, bisogna necessariamente possederne una? Nello stabilire quali sono i prerequisiti per accedere alla classe di concorso in didattica dell’italiano L2, non bisognerebbe tener conto anche delle strade alternative alla LM che il sistema universitario offre? Altrimenti che senso avrebbe aver stabilito che anche senza una LM si può accedere a questi corsi?

  2. Buona sera a tutti, scrivo qui da parte della mia fidanzata per cercare un chiarimento in merito a un dubbio, se possibile. Ringrazio anticipatamente:
    “Buona sera, sono laureata in Lettere Moderne con il vecchio ordinamento, ho frequentato il corso di perfezionamento in Didattica dell’Italiano L2 presso “L’Orientale” di Napoli, superando l’esame finale nel 2008. Successivamente ho conseguito la certificazione Ditals II livello.

    Vorrei capire se con questi titoli avrò la possibilità di accedere alla nuova classe di concorso A23 pur non avendo raggiunto le 475 ore di servizio.

    Ringrazio anticipatamente per la risposta.
    Cordialmente”

  3. Nel paragrafo “ore di servizio”, cosa s’intende esattamente per “scuole private”? Io lavoro da un paio d’anni in una scuola privata che fa esclusivamente corsi di italiano per stranieri, rientra in questa categoria? O in quale?
    Grazie

  4. Cari colleghi,
    come avrete notato dai miei commenti, sono per l’abbandono della logica “cerchiamo di salvaguardare tutti i colleghi che hanno operato in questo settore”; è cattiveria o è perché credo di avere la formula magica? Nessuna delle due.
    È perché questo settore è stato ingolfato dalle università: accesso a Ditals e Dils I anche con il solo diploma; accesso a CEDILS con requisiti molto duttili; accesso ai master con lauree non umanistiche et alia.

    La logica “cerchiamo di salvaguardare tutti” sembra quindi impraticabile. Dovrebbe essere seguita da quelle università per tutelare i propri interessi e quelli delle persone che in questi anni hanno conseguito le loro certificazioni, ma loro pubblicamente sembra tacciano. Hanno altri canali, appunto la Giannini per ministro e adesso la Barni vicepresidente regione Toscana, per farsi sentire e immagino cambieranno (esteriormente e gattopardianamente) tutto affinché per loro cambi poco, ovvero un riassetto interno dell’offerta didattica a costo zero o quasi. Loro non sembrano curarsi di quanto hanno creato negli anni, secondo me mirano a una soluzione della faccenda che non gli arrechi eccessive perdite, un do ut des; ma delle perdite, poiché realisti, le avranno messe in conto.
    La logica “cerchiamo di salvaguardare tutti” è perdente anche perché non è manco appoggiata dalla stesse università che hanno creato i “tutti”. Queste università non chiederanno mai di salvare i diplomati e i non laureati umanistici, al contrario, credo proprio li sacrificheranno (togliendoli in futuro dai pre-requisiti, e questo potrebbe essere il dare) cercando di salvare le proprie certificazioni come necessarie per accedere alla cdc (e questo potrebbe essere l’avere).
    Non mi sorprenderebbe, alla fin della fiera, una posizione comune di Miur e università alla “Chi ha avuto, ha avuto, ha avuto / chi ha dato, ha dato, ha dato / scurdammoce ‘o passato / simmo ‘n Italia paisà”

    Se noi vogliamo essere realisti dobbiamo quindi mettere in conto, a nostra volta, delle perdite oppure perderemo questa occasione: l’occasione che ci ascoltino in questo momento delicato. Avanzando proposte inapplicabili alla luce delle altre CDC non ci ascolteranno neanche. Per “dare” non intendo sacrificare qualcuno, intendo entrare nella loro ottica, ovvero avanzare una proposta in linea con il loro sistema, che sia concreta, si avvicini alla possibile loro e che, al contempo, salvi il salvabile – cioè salvi il grosso della nostra categoria, salvarla tutta non si può fare, non ci prendono neanche sul serio se seguiamo quella strada.

    Punto 1, scaglioni 1 e 2 lauree vo ed no umanistiche.
    Il nostro grosso è fatto di laureati in lettere, lingue e affini (per esempio interpretariato, traduzione), non di economia e affini. Vogliamo essere inclusivi al massimo, ma in modo realistico? Tutti i laureati vo ed no di indirizzo umanistico come punto 1 con i requisiti dei punti 2 e 3 è inclusivo quanto più si può.
    Come è già stato detto nei commenti, mettere lauree vo di qualsiasi tipo e solo alcune lauree no umanistiche, quelle della tabella a, può dare seguito a ricorsi.
    Se vogliamo essere categoria, dobbiamo iniziare a pensare come categoria. Difendiamo e quindi chiediamo tutte le lauree umanistiche vo ed no prima di difendere le lauree vo in biologia, giurisprudenza e compagnia bella.

    Secondo me, il Miur vede la nuova CDC come un punto di partenza: da oggi l’insegnante d’italiano l2/ls è x, non è y. Chiediamo che sia anche y1, y2, y3, perché non ci staranno neanche a sentire se chiediamo che sia anche z.

    Secondo me, il Miur chiuderà i problemi del passato alla Bruschi: “Trattasi di libera iniziativa delle università”, riferito anche al fatto che oggi ci sono colleghi con diploma, colleghi senza laurea umanistica.

    Seguendo il loro ragionamento (“Trattasi di libera iniziativa delle università”) non proponiamo di includere, per esempio, tutte le lauree in lingue, traduzione e interpretariato mancanti; non seguendo il loro ragionamento, poiché non ha precedenti nelle altre CDC, proponiamo di includere tutte le vo.
    Perché cerchiamo di salvare tutti i vecchio ordinamento, anche di indirizzo non umanistico, mentre non cerchiamo di salvare tutti i nuovo ordinamento di indirizzo umanistico? Che tipo di logica c’è sotto?

  5. Ciao a tutti, 🙂

    volevo dare evidenza al commento di Greta del 27 agosto per sottolineare un fatto che ha messo anche me in fibrillazione.

    Io, come Greta, lavoro da anni per il Cpia di Treviso (ex Ctp), che fino all’anno scorso ha delegato tutta la parte burocratica relativa all’organizzazione dei corsi di italiano L2 tenuti da noi cosiddetti “esperti esterni”, ovvero contratti e pagamenti a una Cooperativa esterna alla scuola.

    Ci hanno sempre detto che veniva utilizzata questa Cooperativa per ovviare alla cronica mancanza di personale di segreteria che potesse seguire tutte queste attività.
    (In realtà, a mio parere, questa scelta ha semplicemente reso le cose ancora più complicate per tutti, oltre a fare andare una parte dei nostri guadagni alla Cooperativa).

    Al di là di queste considerazioni, volevo sottolineare il fatto che noi lavoravamo di fatto per il Cpia, con corsi decisi, organizzati e pagati dal Cpia (o da Regione ed Europa nel caso dei corsi Civis), tenuti o nelle scuole o nei locali “affittati” dal Cpia, in collaborazione magari con Parrocchie e Comuni, ma i contratti e pagamenti venivano fatti dalla Cooperativa con un andirivieni di carte, contratti e soldi tra scuola e Cooperativa.

    Credo che molti altri “collaboratori esperti esterni” come me abbiano lavorato per anni con questo tipo di contratti e che quindi molti di noi potrebbero non raggiungere le famose 475 ore di servizio se le ore svolte lavorando per la scuola non venissero riconosciute come tali. Non sarebbe bello. ;(

    Detto questo, mi chiedevo se al punto 3 “Anni di servizio” non fosse il caso di citare esplicitamente i Cpia tra le Scuole Statali, come ho già richiesto qualche giorno fa, e anche che venisse specificato che molto spesso abbiamo lavorato per le Scuole Statali attraverso contratti effettuati da Cooperative.

    Grazie! Elena

    • Grazie a Elena per il riscontro! Mi unisco a lei nell’appello a poter riconoscere e quindi ritenere valido per il computo delle 475 ore della proposta anche il servizio prestato a tutti gli effetti nella scuola pubblica statale, quindi scuole riconosciute dal Miur, ma con stipula di contratto tramite enti quali cooperative, associazioni che hanno comunque svolto un compito meramente burocratico, essendo tale servizio richiesto e voluto e poi svolto nelle scuole. Anche perché, come accennavo in un precedente post, il riconoscimento di tale servizio come servizio atipico, se documentato e certificato dalle stesse scuole, è già previsto dalle norme che regolano le graduatorie di istituto. Nel mio caso, laurea in lingue VO, ho insegnato spagnolo e inglese, supplenze, anche con il punteggio ottenuto per il servizio di italiano L2. Ora credo sarebbe un paradosso che tale servizio di italiano L2 fosse riconosciuto per insegnare altre discipline e non riconosciuto come insegnamento/esperienza richiesto ai fini del nostro computo.
      Poi, come diceva Ambraliu in un suo post, starà al Miur ritenere valide o meno le ore certificate e documentate dalle scuole. Grazie di tutto!

  6. io avrei una domanda… con triennale in scienze della formazione e magistrale al DAMS, ho potuto fare il ditals 2 (direttamente) e con 150 ore di tirocinio (e non 300). Ora, non avendo crediti di linguistica ecc… ci rientrerei o no? perchè non dovrebbe andare bene qualsiasi laurea umanistica?

  7. Cari, un dubbio rispetto al punto 3 (anni di servizio), come testimoniato anche in nostri post precedenti, gran parte di noi lavora da anni nelle scuole statali in Italia (secondaria di I e II grado,CTP/CPIA) come docenti di italiano L2/facilitatori linguistici, tramite cooperative o associazioni o i Comuni (es. Venezia), perchè in alcune realtà non c’erano alternative di assunzione diretta da parte delle scuole. Si tratta comunque di ore di lezione avvenute ‘fisicamente’ all’interno delle scuole, certificabili e documentabili dalle scuole stesse, nell’ambito di progetti voluti, gestiti e organizzati interamente dalle scuole. Tali ore di servizio possono quindi essere riconosciute e considerate per il computo delle 475 ore previste al punto 3 della proposta? giusto?
    Io, personalmente, svolgo la funzione di facilitatrice linguistica e docente di italiano L2 nella scuola statale (secondaria di I gr. e CPIA) da 10 anni, con una media di 500/600 ore all’anno. Nella scuola secondaria il reclutamento avviene tramite gara di appalto indetta ogni anno dalla scuola a cui partecipo tramite associazione formata da 3 facilitatrici linguistiche, io e due colleghe, i laboratori di italiano L2 per gli studenti stranieri (NAI e non) sono, ripeto, gestiti in toto, dal punto di vista organizzativo, logistico e didattico, dalla scuola. Credo, sarebbe profondamente ingiusto il mancato riconoscimento di queste oltre 5.000 ore di servizio prestate!!
    Scusatemi per questa richiesta di precisazione ma, vista l’enorme importanza della posta in gioco per tutti noi, preferisco fugare ogni possibile dubbio. Grazie di tutto

    • Ciao Greta!
      Io ho lavorato te x 5 anni, attraverso coop, all’interno di scuole pubbliche.
      Quando ho richiesto che il servizio mi venisse riconosciuto come NON specifico, mi è stato detto che non era possibile. Purtroppo valgono solo i contratti diretti con le scuole.

      • Ciao Alessandra! Grazie per la risposta
        sì, probabilmente considerarlo insegnamento NON specifico non è possibile, ma può essere, e di fatto lo è, considerato come servizio ATIPICO, così, infatti mi è sempre stato riconosciuto e valutato nel calcolo del servizio per l’inserimento delle graduatorie di istituto di III fascia. Anche lo scorso anno, per il rinnovo delle graduatorie 2014-2017.
        In questo caso, ho presentato una certificazione che mi è stata preparata direttamente dalle scuole in cui avevo insegnato italiano a stranieri (scuola secondaria di I grado dove ho svolto la facilitazione linguistica e CTP/CPIA dove ho insegnato agli adulti stranieri) e tale servizio è stato valutato come servizio prestato con contratto di lavoro atipico per insegnamenti non curricolari (non essendoci appunto la CDC non poteva essere altrimenti). Riporto la nota 25 presente nel Modello A2 di richiesta delle graduatorie di III fascia per gli a.a. ss. 2014/2015, 2015/2016 e 2016/2017:
        “I servizi prestati con contratti di lavoro atipici per gli insegnamenti non curricolari, riconducibili all’area dell’ampliamento dell’offerta formativa, sono valutati, previa specifica certificazione, computando, esclusivamente, i giorni di effettiva prestazione”.
        Credo di non essere l’unica ad aver lavorato e lavorare in maniera continuativa nelle scuole tramite la redazione di contratti stiputati con associazioni/cooperative/enti locali (Comuni, Province…) essendo questa, in molte realtà, la modalità prevista e messa in atto dalle scuole per reclutare personale esperto nella facilitazione linguistica/docenza di italiano L2. Come ci ha raccontato ottimamente Lorenzo Pagni nel suo articolo su OS, tale servizio ha rappresentato per le scuole un contributo professionale prezioso e necessario per gli allievi stranieri tramite l’accoglienza e l’insegnamento dell’italiano L2 per comunicare e per studiare i diversi contenuti disciplinari e per gli stessi insegnanti curriculari, attraverso il supporto didattico offerto. Anche nel mio caso, come dice Lorenzo, i dirigenti scolastici, sono pronti a certificare tutte le oltre 5.000 ore di servizio prestate. Ritengo quindi che sia più che lecito richiedere che tali ore di lavoro, ripeto, documentate e certificate, possano rientrare nel computo delle 475 ore, in caso contrario significherebbe ‘cancellare’ anni di lavoro da parte di figure professionali esperte che, attraverso studio, titoli di specializzazioni, formazione continua, esperienza sul campo hanno garantito, negli anni, nelle scuole, un servizio di insegnamento di italiano L2 di qualità.

  8. Spero sia questo il posto giusto dove condividere una riflessione.
    Una collega della LM39 in Didattica dell’italiano a stranieri ci tiene a precisare perché pensa che rendere obbligatorio il possesso di un titolo “specialistico” per chi si trova nella sua situazione sia profondamente scorretto.
    1. Io e i miei colleghi ci siamo iscritti, chi alla specialistica chi già alla triennale, ad un corso di laurea già “specialistico” di per sé, dove abbiamo studiato per anni glottodidattica, mentre i colleghi di Lingue e letterature straniere si sono dedicati, appunto, alla lingua e alla letteratura e i colleghi di Lettere, poi, ad un percorso completamente diverso. Trovo già “stonato” che questo concorso venga aperto a chi, ha una formazione che di base non è glottodidattica: Medicina e chirurgia e Odontoiatria sono entrambi corsi di laurea della Scuola di Medicina e Chirurgia, ma non sono interscambiabili, un dentista non esercita la professione di chirurgo e viceversa. So che può sembrare una posizione estrema, ma vi invito ad una riflessione, senza nessun desiderio di polemica. I laureati in Lettere hanno accesso a diverse classi di concorso (come è giusto che sia) alle quali, come è giusto che sia, io ed i miei colleghi non abbiamo accesso, e lo stesso vale per i colleghi di Lingue e letterature straniere. Loro, con l’integrazione di una semplice certificazione, adesso, avranno accesso ad una ulteriore classe di concorso e potranno abilitarsi su più fronti. Da dove nasce, allora, la necessita da parte del MIUR di creare, ormai più di dieci anni fa, classi di laurea come la L12 e la LM39? Cosa ci differenzia da un laureato in Lettere o in Lingue se la preparazione che ci separa può essere colmata con una semplice certificazione? Stiamo parlando di una certificazione, la Ditals, la cui bibliografia minima consigliata ammonta a non più di una decina di libri. Stiamo affermando che dieci libri possono compensare due (se non cinque) anni di studio. Io lo trovo profondamente ingiusto. Che questa proposta nasca dal MIUR non mi stupisce più di tanto, stiamo parlando di un’istituzione che invia nel mondo lettori MAE che, nella migliore delle ipotesi, sono docenti di lingua straniera che di glottodidattica hanno un’infarinatura e che, per un decennio, ha formato insegnanti di lingua italiana fantasmi che, per vivere, si sono dovuti trasferire a migliaia di chilometri dal proprio paese. Ma mi amareggia che, in questo gruppo, la mia proposta venga considerata quasi un capriccio.

    2. Mi ripeterò, forse. Le certificazioni “specialistiche” sono dei prodotti delle università create per sopperire ad un vuoto istituzionale che non possono sopperire però la preparazione di un insegnante di lingua italiana. Vogliamo far finta, per il bene e la pace comune, che sia così? Va bene. Abbiate però il buon senso di non chiedere ad un laureato in Didattica dell’italiano di riprendere in mano i libri che ha studiato all’università (gli stessi, identici libri scritti dai professori con cui ha fatto esami e si è laureato) e pagare per un esame che non attesta nessuna conoscenza aggiuntiva rispetto a quelle che ha già. Che il mancato possesso di una certificazione del genere conseguita entro i termini mi impedisca di partecipare ad un concorso per il quale il mio profilo accademico dovrebbe essere il più conforme è la solita beffa all’italiana.

    La mia proposta? Che per i laureati nella LM39 i titoli “specialistici” non vengano considerati obbligatori.

    • Sono laureata nella classe LM39 e, nonostante abbia conseguito il Cedils,sono d’accordo con quanto dice Claudia.

    • Grazie per la tua riflessione. In realtà questi requisiti sono stati pensati per chi ha cominciato l’università prima della riforma, quando ancora non esistevano percorsi specifici. Visto il numero di colleghi che lavorano da anni in questo ambito quando ancora non esistevano percorsi specifici, abbiamo pensato che ci fosse bisogno di una fase transitoria.

      • Sono d’accordo con il principio della transizione quando questa non implichi la penalizzazione di chi il percorso specifico lo ha intrapreso fin dall’inizio. Negli anni, non pochi anni, le cose sono cambiate e i cambiamenti sono noti a tutti: ci sono insegnanti LS/L2 con 5 anni di studi mirati alle spalle e altrettanti anni di esperienza, e si tratta di una situazione di cui bisogna tenere conto se la proposta che state/stiamo portando avanti muove da principi di correttezza.

    • Vorrei precisare che i laureati in lingue e letterature straniere la glottididattica e la linguistica la studiano eccome! Inoltre, e qui mi riferisco al V.O., studia(va)no anche la letteratura italiana (esame scritto e orale!) e con due esami di italianistica potevano insegnare italiano all’estero, ergo anche a stranieri.

    • Claudia, appoggio la tua proposta anche se non mi riguarda, non ho conseguito una laurea specifica come la tua e come molti, ma credo che la tua è una proposta non solo giusta, ma anche in linea con quanto si afferma a proposito dei cfu necessari (qui:https://riconoscimentoitalianol2ls.wordpress.com/2015/08/12/cdc-a23-proposta-requisiti-abilitazione/) si era detto infatti che i titoli di specializzazione come il ditals dovrebbero servire a SOPPERIRE un eventuale carenza di cfu. Mi rivolgo anche a chi ha stilato quest’ultima lista di requisiti: vada bene che chi non ha una laurea specializzante si munisca di certificati, ma bisognerebbe specificare che questi certificati non siano obbligatori per chi è già in possesso di laurea specializzante.

  9. Al punto 3 “Anni di servizio” citerei esplicitamente i CPIA, anche se, immagino, li considerate tra le scuole statali di ogni ordine e grado. Vedi mai che a qualcuno non venga in mente che certi corsi, fatti tramite CPIA, ma finanziati dalla Regione e dall’Europa non vengano considerati “statali”.

    • Si, i Cpia sono scuole statali a tutti gli effetti e non li abbiamo menzionati per questo ma forse inserirli esplicitamente non è una cattiva idea. Grazie

  10. Sulle lauree VO: molto difficile che il MIUR accetti qualsiasi Laurea; i propositi sono anche comprensibili ma temo sia passibile di ricorso perché discriminante verso i laureati Ls e Lm (vari TAR e il CdS si sono espressi varie volte in questo senso). Ci deve essere uniformità tra VO e nuovo ordinamento. 2.osservazione: a breve vi invierò quanto richiesto per il titolo di “Facilitatore linguistico” della Prov.di Trento (non appena me lo fanno avere)… Pronti a integrare! 🙂

    • Grazie della segnalazione, eravamo a conoscenza di corsi e albi regionali per i facilitato, il problema è che ogni regione ha una sua legislazione in materia quindi sarebbe il caso che chi fosse a conoscenza di altri percorsi li rendesse noti mandandoci anche i riferimenti di legge. Hai modo di risalire a questo? Grazie

  11. Domanda:secondo la vostra proposta il titolo di titolo di specializzazione deve essere acquisito entro entro la data di pubblicazione del bando o entro il 2016?

    • Solitamente i titoli devono essere posseduti entro il giorno in cui il bando concorsuale (o di apertura delle graduatorie) scade.

  12. per chi ha una laurea diversa da quelle 4 ma ha sia il ditals 2 che le ore di servizio in scuole pubbliche???

Lascia un commento

Questo sito utilizza Akismet per ridurre lo spam. Scopri come vengono elaborati i dati derivati dai commenti.